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Depeche Mode, 4 canzoni per la fine dell’era di “Memento Mori”

Un album a metà tra live e inediti chiude un ciclo lungo due anni e mezzo
Depeche Mode, 4 canzoni per la fine dell’era di “Memento Mori”

Le carriere dei cantanti e delle band sono delle lunghe storie, fatte di capitoli, passaggi, transizioni. È così da sempre, anche se ormai le chiamiamo “ere” usando un termine che negli ultimi anni è entrato nel linguaggio pop grazie a Taylor Swift.
Applicando questa metafora ai Depeche Mode, l’uscita del live “Memento Mori: Mexico City” e dei quattro brani inediti registrati durante le sessioni dell’album rappresenta la chiusura formale dell’era di “Memento Mori”, iniziata due anni e mezzo fa. Un'era che ebbe inizio di fatto in Italia, a Sanremo, quando i Depeche Mode tornarono per la prima volta su un palco in due dopo la morte di Andy Fletcher. Poi l’album, con un recupero dell’elettronica classica e una riflessione sulla mortalità, e un tour che è durato un anno e mezzo, tra stadi e palazzetti.

Il nuovo progetto, in uscita il 5 dicembre, si presenta come un oggetto ibrido, che unisce le diverse anime di questa era. Da un lato l’album dal vivo, il documento di una tra le tappe più intense del tour mondiale da oltre 3 milioni di spettatori, quella di Città del Messico, celebrata dal film-concerto “Depeche Mode: M” di Fernando Frías, nelle sale poche settimane fa. Ma anche un mini-album, con il recupero di quattro outtake che non erano confluite nella tracklist del disco 2023 ma che appartengono pienamente al suo universo tematico e sonoro. Le abbiamo ascoltate in anteprima.

Mortalità ed elettronica classica

I quattro brani inediti – “In the End”, “Give Yourself to Me”, “Life 2.0” e “Survive” – sono coerenti con l’estetica minimale, oscura e classicamente elettronica dell’album madre. Gli echi di Kraftwerk e dell’elettronica dei primi ’80, quella in cui i Depeche sono cresciuti, ritornano in tutte le tracce - insieme al tema della mortalità, che continua a essere il centro narrativo della produzione recente della band.

“In the End”, già nota ai fan perché utilizzata nei titoli di coda del film, e quindi già ascoltata fin dall’anteprima al Tribeca Film Festival settimane fa, poteva essere singolo: lineare, scarna, subito riconoscibile. Prodotta da James Ford, mantiene la cupezza dell’album con un tono intimo e riflessivo, quasi meditativo. I versi “You’re no one, going nowhere / We’re all nothing in the end” rimandano direttamente al filo conduttore di “Memento Mori”: la consapevolezza della precarietà della condizione umana.

Ancora più dark è “Give Yourself to Me”, costruita su una tessitura vintage, oscillante tra synth analogici e un andamento lento, con un crescendo melodico tipico della band. “Life 2.0” gioca invece su un intreccio tra chitarra, un synth pulsante e una voce robotizzata. “Survive” è il pezzo più vicino all’impostazione pop dei Depeche Mode: la chitarra è centrale, il ritmo robotico, il ritornello immediato (“we’ll survive”), con un equilibrio tra cupezza e melodia che avrebbe potuto trovare facilmente spazio nell’album originale.
Brani che funzionano bene come EP parallelo, completamento coerente di un’estetica e di un immaginario portati avanti per oltre due anni.

Il live: un documento integrale, oltre il film

“Memento Mori: Mexico City” è soprattutto uno stupendo album dal vivo, genere che la band ha frequentato fin dagli anni ’80 con il monumentale “101”. A differenza del film, che selezionava parti dell’esibizione, raccoglie la scaletta completa dello show. Sono oltre due ore di musica che restituiscono fedelmente il clima delle tre date messicane, tra le più energiche e partecipate del tour. Chi ha visto “Depeche Mode: M” o il concerto ritroverà alcuni momenti chiave – l’intensità di “Ghosts Again”, l’emotività dei segmenti minimali acustici, qua rappresentati da “Soul With Me” e da una stupenda versione di “Waiting for the Night” che apre i bis. Poi ci sono i classici, soprattutto “Enjoy the Silence”, ancora una volta perno simbolico e rituale di ogni esibizione della band, con la sua lunga coda strumentale: la versione del 2023-2024 non è bella come quella del tour di “Songs of Faith and Devotion”, recentemente diventata virale su TikTok, ma rimane una delle canzoni più emozionanti degli ultimi 40 anni, e dal vivo è ancora meglio.

Un percorso che si chiude, un futuro incerto

Una parte di fan ha accolto la pubblicazione di queste incisioni con un sentimento contrastante: da un lato, sono canzoni nuove. Dall’altro, si sperava che i Depeche Mode si mettessero subito al lavoro su un disco nuovo. La pubblicazione delle tracce inedite indica che non verranno tenute per un lavoro futuro, e quindi la chiusura dell’era senza aprirne una nuova. Non sappiamo cosa succederà ai Depeche nel prossimo futuro: si sono sempre presi lunghe pause tra una fase e l’altra. Intanto l’uscita di “Memento Mori: Mexico City” – tra live, film e inediti – chiude un ciclo nel modo più coerente possibile: con musica che guarda in faccia il tema della mortalità, ma che continua a trovare nella forma canzone, e nella dimensione live, uno spazio sacro. C’è solo da essere grati per questa era dei Depeche Mode.

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